Quando la Luna era piena giocavo a chi toglieva lo sguardo per prima, e vinceva sempre lei, con quel suo rimmel sbavato che non si sistema mai. Una notte che mio padre era tornato a casa dal ristorante ed era entrato nella mia stanza forse per controllare se dormivo, ero saltata su nel letto e gli avevo detto “Il sole fa rumore, ma la Luna è silenz...
Dunque se sono ancora qui lo devo alla mia passione per quello che faccio, e all’idea che ci possa sempre essere una bella sorpresa dietro l’angolo, anche quando non te l’aspetti per niente. E alla Luna, certo. Non sono affatto una pessimista; è solo che assorbo la luce con la stessa facilità con cui assorbo l’ombra.
È nei non-luoghi che ti accorgi meglio della vita sbagliata che ti sta succedendo, della lentezza con cui ti scorre il sangue, dell’aria che ti entra nei polmoni senza abbastanza ossigeno.
A volte la notte mentre tornavo da Venezia a Mestre fermavo la macchina a lato della strada e stavo anche dieci minuti a guardare la Luna; la sua luce mi rasserenava e mi faceva dimenticare la mia infelicità cronica a casa. È vero che la Luna mi ha salvato la vita, più di una volta.
“Cosa ne sa lei delle mie gambe?” ho detto senza riflettere, perché mi sembrava un’intromissione in un territorio ancora più intimo, e perché non mi sembrava affatto un’intromissione sgradevole.
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