Ci sono sempre almeno due maniere di vivere nella prigione ontologica in cui ci pone la vita: rinchiudervisi o superarla.
Bisogna poi che io accetti questo invito a nascere, che io esca, che io “sorga”. Per e-sistere, occorre uscire, uscire dall’ombra.
L’uomo deve consentire al suo destino e non subirlo. L’uomo deve levarsi in piedi e dire a voce alta: sì, scelgo di nascere. Fino a quando non abbiamo detto questo SÌ, non festeggeremo nozze.
Io oso sostenere che se, in questo istante, in vari punti del mondo, delle donne non si slanciassero verso i loro amati, dei bimbi nelle braccia di una madre, di un padre, degli amici l’uno verso l’altro, dei caprioli verso la sorgente – se in ogni istante non fosse rinnovato questo slancio che getta l’oceano incontro alla terra –, allora il mondo ...
Nel dissolvermi, nel perdermi, io incontro me stesso per la prima volta. Proprio quando mi trovo il più lontano possibile da quello che credevo fossi io, sono infine quello che sono davvero.
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