Cristo infatti si pone come risposta a ciò che sono «io» e solo una presa di coscienza attenta e anche tenera e appassionata di me stesso mi può spalancare e disporre a riconoscere, ad ammirare, a ringraziare, a vivere Cristo.
Se uno «non ignora» se stesso in rapporto al reale, se uno è «cólto» nel senso profondo della parola, cioè attento ricercatore, si trova a dover fronteggiare la drammatica sproporzione che è stata descritta.
La percezione dell’esistenza del mistero rappresenta il vertice della ragione.
È vertiginoso essere costretti ad aderire a qualcosa che non si arriva a conoscere, che non si riesce ad afferrare.
L’uomo, al vertice della sua ragione nella percezione del mistero, in nessun momento della sua storia regge a lungo la vertigine di tale intuizione.
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